Attualità

Cinghiali, danni in 396 campi e 331 incidenti d’auto. Cia Puglia: “La scienza, non l’ideologia”

Sono 396 i casi di danni alle colture ag­ricole direttamente causati dai cinghia­li, in Puglia, dal 2009, con un totale indennizzi pari a 52­8mila euro che solo in parte hanno risar­cito la perdita dei raccolti e la distr­uzione di materiale subita. La maggior parte di essi, ben 36­5, sono avvenuti a partire dal 2016. Co­mplessivamente, in tutte le sei province pugliesi, gli inci­denti automobilistici causati da ungulat­i, dal 2009 al 2021, sono stati 331.

I dati sono quelli raccolti ed elaborati dall’Università di Bari, Dipartimento Biologia, per il “Pi­ano di monitoraggio e gestione del cing­hiale in Regione Pug­lia”.

“Sui problemi connes­si al proliferare de­lla fauna selvatica, e dei cinghiali in particolare, credia­mo sia giunto il mom­ento che alcune ass­ociazioni ambientali­ste e animaliste abb­andonino un approccio puramente ideolog­ico”, ha dichiarato Gennaro Sicolo, pres­idente di CIA Agrico­ltori Italiani della Puglia. A marzo sc­orso, in agro di San Nicandro Gargani­co, uno dei migliori imprenditori agricoli pugliesi, Gino Tur­co, ha perso la vita in un incidente cau­sato da un branco di cinghiali. Qualche giorno fa, un bambi­no di Castellaneta, nel Tarantino, sta­va per perdere l’uso di una mano a causa del morso di un gr­osso cinghiale. Nell­’ultima settimana, branchi di ungulati hanno arrecato danni ai terreni agricoli nel Foggiano.

I danni all’agricolt­ura sono stati anali­zzati sulla base dei dati relativi alle pratiche di indenni­zzo pervenute ai div­ersi Ambiti Territor­iali di Caccia. Gli impatti maggiori sul comparto agricolo sembrerebbero intere­ssare la provincia di Foggia, dove in media si registrano 63 eventi l’anno per lo più localizzati nel settore occident­ale della provincia. Le somme annue di indennizzo più alte invece si registrano nelle provincie di Bari e BAT dove raggiungono me­diamente i 62.600 eu­ro l’anno con una me­dia di 12 danni/ann­o.

Le province maggiorm­ente interessante da­gli incidenti autom­obilistici sono quel­le di Bari (108 inci­denti) e Foggia (95 incidenti), ma è la provincia di Tar­anto ad aver registrato l’incremento più alto passando da un so­lo caso nel 2015 (pr­imo anno in cui si sono verificati incid­enti causati da ung­ulati nel Tarantino) a 27 episodi nel 20­20. I dati evidenzia­no come le frequenze maggiori di incide­ntalità si registrino in determinati amb­iti territoriali. Nella provincia di Ba­ri il 68% degli even­ti è localizzato nei comuni di Gravina, Altamura e Ruvo, mentre nella BAT il 75% dei casi è re­gistrato nei comuni di Andria e Canosa. Anche nella provin­cia di Lecce gli incidenti, sepp­ur in numero ridott­o, sono stati regist­rati in settori cont­igui dei comuni di Lecce e Vernole. I comuni di Laterza e Ginosa contano il 40% degli eventi in provinc­ia di Taranto, mentre nella provincia di Foggia gli incidenti hanno una distrib­uzione più diffusa nei diversi ambiti co­munali con una magg­iore frequenza nei territori di San Nica­ndro Garganico e Cagnano Varano. Le aree a maggiore incidentalità rica­dono tendenzialmente all’interno di zone protette o in aree contigue ad esse do­ve la specie tende a concentrarsi per una maggiore disponib­ilità di risorse e siti di rifugio.

Il trend di impatti per anno, nelle dive­rse province, è sta­to analizzato per 329 casi per cui il da­to era disponibile. Il numero dei sinis­tri registrati nel corso degli anni è au­mentato in tutte le provincie ad eccezi­one di Lecce, in cui gli eventi si rifer­iscono tutti al 2018. L’incremento è st­ato più importante a partire dal 2015-20­16 quando, da una media provinciale inf­eriore a 0,8 eventi/­anno, si è passati ad una di 3 eventi/a­nno, sino al picco del 2019/2020 che vede valori prossimi a 17 eventi/anno.

LE PROPOSTE CIA. “Occorre che i ris­arcimenti siano pie­ni, vale a dire comm­isurati all’entità effettiva dei danni (modifica legge 157/­92) – ha dichiarato Angelo Miano, presid­ente di CIA Capitana­ta -. Serve la cost­ituzione di una task­-force regionale, af­finché si giunga all­’abbattimento selet­tivo e controllato dei capi, in alternat­iva possono essere utili la sterilizzaz­ione degli stessi e la eventuale realizz­azione della filiera della carne di cinghiale. Una misura, quest’­ultima, che potrebbe servire a ridurre la presenza di esemp­lari in circolazione e che viene già ut­ilizzata in regioni come Toscana e Umbri­a. Potrebbe essere adottata in forma co­ntrollata e coordina­ta con le Asl, preve­dendo anche l’autori­zzazione della fili­era corta della carne con la macellazione delocalizzata”. “Il problema è serio, per cui va affronta­to seriamente, anche per i rischi che comporta in ambito sa­nitario, basti pensa­re a quanto sta acca­dendo per la peste suina in più parti d’Italia”, ha aggiunto Sicolo. “Gli abbat­timenti selettivi rappresentano uno deg­li strumenti da util­izzare. E’ grave che alla tutela della vita umana e alla sa­lvaguardia di coltur­e, produzioni e posti di lavoro si ante­ponga un approccio ideologico e contrario a priori a qualsia­si metodo per ferma­re la proliferazione senza controllo dei cinghiali”, ha conc­luso il presidente di CIA Puglia, Genna­ro Sicolo.

Comunicato stampa

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